BELLA LETTERA A TUTTI I FANTALLENATORI "SOGNO DI UN’ ASTA DI MEZZA ESTATE "
Scritto da PRESIDENTE il Agosto 20 2009 09:31:18
IL CARO AMICO LUCA TENAGLIA MI HA INVIATO NEI GIORNI SCORSI QUESTA EMAIL CHE MI HA DATO UNA FORZA IN PIU' , UNA LETTERA MOLTO CONVOLGENTE , PERFETTA PER RAPPRESENTARCI TUTTI NOI MALATI DI QUESTO GIOCO .
ECCO IN MODO INTEGRALE :
SOGNO DI UN’ ASTA DI MEZZA ESTATE
E rieccoci, dopo un’altra estate passata ad
attendere. Lo sapevo che non avrei dovuto rispondere al
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IL CARO AMICO LUCA TENAGLIA MI HA INVIATO NEI GIORNI SCORSI QUESTA EMAIL CHE MI HA DATO UNA FORZA IN PIU' , UNA LETTERA MOLTO CONVOLGENTE , PERFETTA PER RAPPRESENTARCI TUTTI NOI MALATI DI QUESTO GIOCO .
ECCO IN MODO INTEGRALE :
SOGNO DI UN’ ASTA DI MEZZA ESTATE
E rieccoci, dopo un’altra estate passata ad
attendere. Lo sapevo che non avrei dovuto rispondere al
telefono
eppure, anche questa volta, per il quindicesimo anno di fila, non ho
resistito. L'amore è
troppo. L'astinenza fa male, mi strazia le
carni e mi stordisce la mente. Maledetta passione, che ti fa
fare e
dire tutto ciò che la mente non vorrebbe. La passione è così, cinica,
voluttuosa, morbosa,
unica in quanto tale: tanto ti toglie, quanto
ti dà.
Basta così: anche stavolta non opporrò resistenza. Spesso la
mia dedizione non è stata ripagata a
dovere, ma quando arriva il
momento, è tutto inutile: disgiungo il cuore dalla mente. D'altro
canto,
com'è che si dice? Che la passione fa sovente un pazzo
dell'uomo più abile e rende spesso abili i più
sciocchi.
Quasi
quest’anno cerco d’ammaliarmi la fortuna con la poesia:
Sfera, la
Dea del Calcio. Che splendore.
Quanta fulgida bellezza, e quanto
languido tepore emana. Afrodite sarebbe impallidita al confronto,
Clio avrebbe dovuto impacchettare il proverbiale fascino, al suo
cospetto. L'unica in grado di
porgergli riverenza sarebbe stata
Nike, Dea della Vittoria. Quella che quest'anno non mi sfuggirà.
Sfera, sono qui per te: amami, almeno quanto io ho amato e amo Te.
"Come va? Allora quest'anno? Tutto OK, tutto come al solito? A casa tua
o del Puzzone? No, nessun
giornale, ho la lista di Fantagazzetta...
Niente casino però, stavolta si comincia alle 7...non voglio
fare le
4, come l'anno scorso. No, non voglio sentire ragioni: devi esserci,
niente scuse. Sono 15
anni che il Fantacampionato va avanti, e non
puoi mancare proprio tu. Siamo amici? Giochiamo
insieme, sempre gli
stessi, da quindici anni? E allora non puoi mollarci proprio ora. Oh,
così va
bene. Allora venerdì sera, dal Puzza, alle 7. Chi fa tardi,
s'attacca. Noi cominciamo. Le birre le
portiamo noi, si, vai
tranquillo. ‘Asta’ la vista..”.
Non potevo mancare. Sono davvero
quindici anni che io, Nicco, Pizza, Fabio, il Puzzone, e gli altri ci
ritroviamo a fare l’asta. Grazie a quel gioco ci siamo conosciuti, e
siamo diventati inseparabili. E con
esso siamo cambiati, cresciuti,
invecchiati insieme. Ed è cambiato anche lui, sì, il gioco del gioco
del
calcio, insieme a noi.
Ancora ricordo quando, da bambini, con
Nicco ci mettevamo davanti alla TV a guardare la Clerici e
Antonio
Giuliani condurre quel programma di cui non capivamo nulla. Si chiamava
proprio
'Fantacalcio', se non ricordo male.
Oddio, io guardavo le
tette della Clerici, ma che c’entra: mi piaceva l'idea. Quel nome -
sibillino e al
contempo capace di sprigionare magnitudo - di cui, ai
tempi, nessuno conosceva il significato. Noi
s'è cominciato a farlo
pochi anni dopo, nel '94, è vero... avevo ancora i capelli con la riga,
e gli
occhiali da secchione.
Eravamo precursori dei tempi,
piccoli geni incompresi, futuri membri della classe dirigente della
società. Fanta-classe dirigente, ça va sans dire. I voti li prendevamo
dal Televideo: mica ogni lunedì
c'avevamo una Montessori da
spendere, preferivamo investirli in una confezione da tre di ovetti
con
la sorpresa.
Anche quest’anno dovremo cercare di gestire a
modo la Lega. Chiederemo a Fantagazzetta, come
al solito: meno male
che ci sono loro. Ai tempi, invece, ancora ci “scambiavamo le
formazioni” con
La Guida per l’asta perfetta – Edizione 07/08/2009
Pag. 7
frettolose telefonate a casa: altro che cellulari e internet.
Gli scambi si facevano a scuola - mentre
la professoressa di
matematica spiegava - offrendo, via pizzini, Kolyvanov per Paulo
Sergio.
Noi, uomini a 15 anni, noi manager minorenni. Noi, che
quando gli altri avevano tanto quanto
bastava a comprare un
pacchetto di Diana da dieci, gestivamo decine e decine di
fantamiliardi. Noi,
che Beppe Signori non ci accontentavamo di
guardarlo in TV: il potere ci consentiva di
contendercelo, in sede
d'asta. Con, in mano, le chiavi del pianeta calcio, e, nel cuore, un
sogno
chiamato fantascudetto.
La prima asta è ormai roba di
qualche era fa. Eravamo solo in quattro: io, Fabio, Nicco e il Pizza.
Eravamo tutti stati infoiati da uno strano morbo, quello dei Mondiali
di calcio. Oltre che dalle tette
della Clerici, è ovvio, che
comunque il loro contributo lo diedero eccome.
Un'infatuazione
giovanile che tiene fredda la mente, ma che al contempo riscalda
l'anima,
un'esplosione di libertà, mista a rincuorante onnipotenza.
Il tutto intriso di quanto di meglio
potessimo disporre noi
quindicenni: la voglia di giocare.
Il fantacampionato, come il
calcio, lascia in chi li gioca una particolare vibrazione, che ci si
porta
appresso per tutta la vita. La stessa, unica, morbida
sensazione che rivedo ancora oggi, intatta,
negli occhi di mio
padre, quando guarda Novantesimo Minuto. Gli occhi sgranati ed il naso
arricciato
che di quella vibrazione sono semplice e pura
somatizzazione. E dire che papà si accontenta del
calcio, un’asta
nemmeno l’ha mai fatta: non sa cosa si perde. Eppure, ai suoi tempi,
sarei pronto a
scommetterci, avrebbe pagato pur di potersi
contendere il cartellino di Paolino Pulici con gli amici.
E ancora
me la ricordo quella mia prima asta, tutti insieme nella soffitta di
Fabio: la nostra tana, il
nostro posto sicuro, tra il fumo delle
prime sigarette che ci faceva da placenta. Lì eravamo liberi di
fare, dire, pensare quello che volevamo. Anche di fingerci manager del
dorato mondo del calcio.
Nicco sbraitava, Fabione sudava, Pizza
segnava, io sognavo.
Da quel giorno in avanti, non ci fermammo più,
per anni. Aumentavamo di numero, ma eravamo gli
stessi di sempre.
Sempre insieme, sempre uguali, sempre a Giocare al gioco del gioco del
calcio. E
intanto noi cambiavamo, ed il Gioco cambiava con noi. A
noi cresceva la barba, e lui si alterava con
il valore aggiunto
degli assist, noi diventavamo studenti universitari, e lui si muniva
del modificatore
della difesa. Chissà se siamo invecchiati meglio
noi o Lui.
Questo gioco mi ha fatto cambiare. Quando, durante l’asta
di qualche anno fa, decisi di puntare
tutto su quel ragazzino dalla
faccia pulita e dal nome sporco, chissà quale Musa fece capolino tra i
meandri della mia mente. Fu lì che capii che, ogni tanto, bisogna
affidarsi alla parte irrazionale di
noi stessi. Pensare è per gli
stupidi, mentre i cervelluti si affidano all'ispirazione: da allora,
ho
sempre delegato alla mia metà illogica una bella porzione delle
mie scelte.
Oggi andiamo tutti per i trenta, ma la voglia di
Giocare, quella, non ce la toglierà mai nessuno. E
venerdì sera
tutto andrà avanti, con le nostre quattro ‘esse’: sudare, segnare,
sbraitare, sognare.
Esattamente come quindici anni fa, consapevoli
che bambini vogliamo rimanere, e che nulla ci
obbliga a cambiare
modo di affrontare la vita. Per quelli come noi, che al gioco ed all’
amicizia
ancora credono con originario candore, cambiare sarebbe
come cercare di scrivere nella neve
durante una tormenta: inutile.
* * * * *